25 settembre 2006

Al lettore-padrone

Pubblico qui in anteprima un articolo destinato al settimanale riminese "il Ponte" dove curo una rubrica che entra nel 25esimo anno. L'articolo uscirà con la data del primo ottobre 2006.

Al lettore-padrone
Aveva ragione Indro Montanelli. Quando si scrive sopra un giornale, occorre ricordarsi che l'unico padrone è chi ci legge. Il resto non conta. Questa rubrica entra nel suo venticinquesimo anno di attività. L'insegnamento di Montanelli è duro da rispettare. Le due direzioni de «il Ponte» lo hanno accettato, mi hanno lasciato ampia libertà di argomentazione perché il «lettore» (un ipotetico lettore) gradiva incontrarmi settimanalmente. Di questo «lettore» mi sono fatto una vaga idea statistica. All'ottanta per cento consente o dissente senza protestare. Un quindici per cento ritiene che tra le assurdità impensabili di questo mondo, c'è anche quella di una rubrica affidata al sottoscritto. Un cinque per cento, infine, ha protestato intensamente perché certe cose non si dicono neppure per ischerzo.
Aggiungo alla statistica un'osservazione ambientale. Una cosa è scrivere con la firma di Indro Montanelli sopra un giornale «grosso» di una metropoli. Un'altra è vivere senza essere nessuno in una città da dove partono viaggi per tutto il mondo, ma dove sembra di trovarsi in una dimensione da «borgo selvaggio» o provinciale come si diceva un tempo. Dove tante sono le ire che vagano per l'aria contro questo o contro quello per il semplice fatto che essi non sono nel coro degli eletti e dei potenti. Spesso, troppo spesso, viviamo la realtà della favola in cui dire che il re è nudo, provoca scandalo verso la persona che racconta la verità, non verso chi gira senza vestiti.
Dunque, grazie a tutti. E adesso permettetemi un bilancio che non riguarda l'inutile cronista che vi si presenta in questo angolo di pagina, ma un po' il paesaggio che ci circonda tutti, favorevoli, contrari, astenuti o facinorosi avversari di queste righe. In venticinque anni come è cambiata l'Italia? La lettura delle ultime vicende politico-industriali legate alle intercettazioni illegali, dovrebbe farmi cambiare la domanda: ma l'Italia è cambiata? Dalle storiacce del Sifar e della P2 all'ultimo scandalo in casa Telecom, il passo non è lungo. Ecco, fa spavento questa Italia immobile per la quale s'invocano (tre volte al giorno prima dei pasti) mutamenti radicali, riforme fondamentali, giri di boa epocali. Tutto invece resta fermo ad un concetto truffaldino di gestione del potere che non è quello esercitato in nome del popolo italiano dal governo, dal parlamento e dalla magistratura. Ma è quello di quanti si fanno gli affari loro, spacciandoli per nostri. [Anno XXV, n.975]