24 ottobre 2006

Giustizia miope


Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare miope. Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il quadro d'assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla, recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L'Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da magistrato, altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo in un eterno medioevo. Ahinoi.