08 ottobre 2006

Tutti ad Orvieto

I due giorni di sciopero dell'informazione ci hanno garantito una visione ottimistica del seminario per il Partito democratico. La ricomparsa dei quotidiani ci ha riportato alla consueta realtà. Ad Orvieto non era cambiato nulla.

Non so se ricordiate quei problemi che davano una volta alle elementari. Prodi direbbe che non si può rispondere alla domanda se prima non si precisa di che si tratti. Berlusconi spiegherebbe che per lui non esiste il problema dei problemi, perché è abituato a risolverli tutti, anche quelli che non sappiamo di che tipo siano, perché lui ricorre ai sondaggi e ciò è già di per sé un problema che non ammette soluzione diversa da quella che lui stesso ha in testa. Ovvero se io penso, pensa Berlusconi, che gli italiani in maggioranza (56%) sono ancora con me, anche gli altri la debbono pensare con me, perché se non lo pensano questo è il vero problema.

Comunque il problema delle elementari di una volta è questo. Data una vasca di 50 metri cubi e dato un rubinetto che vi versa 2,5 metri cubi all'ora, quanto tempo deve passare prima che la stanza in cui si trova la vasca si allaghi completamente?

Ad Orvieto è stato formulato un problema che ridotto all'osso suona così: data la presenza di 120 persone, e data la possibilità che venti persone non sappiano offrire suggerimenti, e che le altre cento ne offrano ciascuna uno e mezzo, quanti suggerimenti alla fine si raccolgono in media per non mettersi d'accordo? La risposta ve la forniamo direttamente noi. Ogni persona presente usufruiva di 1,25 suggerimenti offerti dal seminario. Ammesso che per arrivare ad una ipotesi di decisione occorresse come minimo essere a quota uno o sotto di essa, Orvieto ha dimostrato che per colpa di quello zero virgola 25 non si poteva arrivare a nessun accordo.

Nella piccola quota dopo la virgola si sono inserite opinioni illustri ma non per questo meno traumatizzanti. Da quella di D'Alema («Non si fa nascere un partito nuovo in un gazebo»), ovviamente espressa come richiamo alla necessità di un confortevole grand hotel; a quella di un sottosegretario (Gigi Meduri) sostenitore della teoria che i vecchi partiti non si possono far sciogliere nell'acido muriatico. Gavino Angius si è schierato per il silenzio: «È meglio che non si sappia quello che penso».

De Mita, noto filosofo della Magna Grecia, ha chiuso con solennità: «Un partito si fa con gli atti di governo che compie». Prodi ha chiesto: ma quale governo?